mercoledì 20 gennaio 2010

Erdogan: 'Israele minaccia la pace internazionale'.


Istanbul. Il primo ministro turco Recep Teyyip Erdogan ha condannato con forza Israele per il suo mancato rispetto delle risoluzioni dell’ONU e la sua pervicacia nel violare lo spazio aereo del Libano e le sue acque territoriali, per non parlare dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza.

In una conferenza stampa tenutasi ad Ankara in presenza del suo omologo Sa‘d al-Hariri, Erdogan ha accusato Israele di minacciare la pace internazionale.

“Non possiamo rimanere in silenzio di fronte ai comportamenti israeliani… Israele ha un potere sproporzionato e lo usa per non rispettare le risoluzioni dell’ONU. Non possiamo accettare tutto ciò, poiché questi comportamenti minacciano la pace nel mondo intero”, ha affermato Erdogan, che ha anche biasimato Israele per l’uccisione, domenica scorsa, di tre palestinesi durante un raid aereo su Gaza.

“Qual è, stavolta, la vostra scusa? Tirano razzi? Noi osserviamo la situazione, e non ci sono proprio questi razzi”, ha sottolineato il primo ministro turco, che ha invitato a riformare le Nazioni Unite a causa del loro fallimento nel far rispettare le risoluzioni ad Israele.

Commentando le minacce statunitensi all’Iran, Erdogan ha affermato: “La regione non può accettare una nuova situazione analoga a quella creatasi in Iraq. La Turchia ha difeso a lungo il diritto dell’Iran di sviluppare il settore nucleare per usi pacifici”.

“Coloro che mettono in guardia dalle armi nucleari iraniane, non fanno altrettanto verso Israele”, ha dichiarato Erdogan. “I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza devono essere onesti: Israele non ha negato l’esistenza di un suo arsenale nucleare; al contrario, l’ha proprio ammesso”.

“Quei Paesi devono mettere sull’avviso Israele e condannarlo per il possesso di armi di distruzione di massa”.

Il ministro degli Esteri israeliano, dal canto suo, si è scagliato contro le dichiarazioni di Erdogan, dicendo che tutta la sua acrimonia verso Israele e le sue politiche mettono in pericolo le relazioni tra i due Paesi.

Nel contempo, lunedì scorso, il vice ministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon ha convocato l’ambasciatore turco in Israele, Ahmed Celikkol, per protestare contro la nuova serie televisiva turca che mostra gli israeliani come criminali di guerra.

I media israeliani si sfogano dicendo che la serie, intitolata “La valle dei lupi”, mostra agenti del Mossad che attaccano l’ambasciata turca in Israele e prendono in ostaggio l’ambasciatore e la sua famiglia.

Ayalon ha detto che serie televisive di questo tipo, che giungono assieme a dichiarazioni anti-israeliane fatte da esponenti del governo turco, non solo danneggiano le relazioni bilaterali, ma mettono a rischio gli israeliani in Turchia.

Israele aveva già protestato allo stesso modo nell’ottobre scorso, quando un’altra serie televisiva turca mostrò dei soldati israeliani che sparavano a sangue freddo ad un bambino palestinese.

(Fonti: Pic e Press tv)

Striscia di Gaza, Israele apre la diga di Wadi Gaza e allaga case e campi. Centinaia gli sfollati.


Gaza - Infopal. Un nuovo crimine israeliano si è compiuto oggi nel centro della Striscia di Gaza: le forze di occupazione hanno allagato le cittadine di al-Mighraqa e Hajar ad-Dik, nelle aree centrali e orientali della Striscia sotto assedio, e, dopo aver aperto la diga di Wadi Gaza, senza preavviso, hanno provocato un'inondazione.

Il nostro corrispondente ha raccontato che decine di case sono state allagate, causando lo sfollamento di centinaia di persone e gravi danni alle abitazioni stesse e ai campi coltivati.

La protezione civile è riuscita a mettere in salvo 60 cittadini rimasti bloccati a al-Mighraqa.

In un collegamento telefonico con il nostro corrispondente, il direttore della Protezione civile, Yussef al-Zahar, ha parlato delle operazioni di salvataggio e dell'evacuazione di numerose abitazioni. Ha tuttavia sottolineato che il livello dell'acqua è in aumento e che ciò rappresenta una minaccia per la sicurezza dei cittadini.

Il ministero degli Affari sociali, in collaborazione con le amministrazioni comunali, hanno deciso di utilizzare le scuole per accogliere gli sfollati e si sono impegnati a fornire cibo, coperte e vestiti.

Al-Zahar ha spiegato che le forze di occupazione israeliane hanno annunciato di voler aprire un'altra diga che dà sulla stessa valle.

La diga di Wadi (valle, ndr) Gaza è stata costruita dalle forze di occupazione decenni fa, allo scopo di privare la Striscia dell'acqua che riempiva la vallata durante l'inverno.

Ieri, l'hanno aperta senza preavviso, a seguito di inondazioni avvenute nel sud di Israele.

"Così - affermano a Gaza - gli occupanti ottengono due risultati: proteggere se stessi dalle inondazioni, allagare la Striscia di Gaza e aumentare la sofferenza della popolazione palestinese assediata". Veramente una grande dimostrazione di civilità.

giovedì 15 ottobre 2009

Testimonianze di soldati dall’operazione Piombo fuso, Gaza 2009

3 ottobre 2009




Breaking the silence è un’organizzazione di veterani che hanno servito nell’esercito israeliano durante la Seconda Intifada (dal settembre del 2000) e si sono assunti la responsabilità di raccontare al popolo israeliano le situazioni di routine della vita quotidiana nei Territori Occupati, una realtà che non è presente nei media.

Sull’operazione Piombo fuso hanno raccolto una serie di testimonianze in una pubblicazione che si trova qui. Ne ho selezionato dei pezzi, ma andrebbe tradotta integralmente.

Scudi umani 1

Qualche volta l’unità entra mettendo le canne dei fucili sulla spalla di un civile, avanzando nella casa e usandolo come scudo umano. I comandanti hanno detto che queste erano le istruzioni e noi dovevamo farlo…

Scudi umani 2

Erano usati come Johnnies (in un altro punto dell’intervista il testimone ha descritto la procedura Johnny, l’uso di civili palestinesi come scudi umani durante le perquisizioni delle case) e poi rilasciati, e li ritrovavamo in perquisizioni successive.

Fosforo bianco 1

Che cos’era la storia dell’uso di bombe di mortaio al fosforo bianco?

Il comandante della compagnia dà al comandante del plotone che ha il mortaio un obiettivo e gli ordina di fare fuoco.

Che cosa c’era, lo sa?

Un obiettivo. Li definiscono obiettivi. Non so veramente dire cosa fosse. Qualche volta si sentiva alla radio: "Via libera, fosforo nell’aria". Tutto qua. Non mi ricordo se venisse confermato dal comandante della compagnia, ma so anche di un ufficiale che sparò senza chiedere l’autorizzazione.

Perché sparare fosforo?

Perché è divertente. Fantastico.

Professionalmente avete del fosforo da usare contro queste minacce?

Non so a quale scopo sia usato. Ne stavo proprio parlando ieri. Non capisco come queste munizioni siano tra i nostri rifornimenti se poi non dobbiamo usarle. È ridicolo.

Fosforo bianco 2

Poi siamo ritornati a nord, a circa 500 metri dal recinto, e siamo rimasti là di guardia tutta la notte. Non abbiamo visto niente di speciale. Il giorno dopo siamo tornati alla base per prendere nuovi ordini della missione e siamo stati di nuovo assegnati ad un’unità del battaglione *** con cui siamo entrati. Abbiamo camminato con loro sulla spiaggia e abbiamo visto tutte le bombe al fosforo bianco di cui le ho detto, abbiamo visto vetri sulla sabbia.

Può descriverlo? Che cosa ha visto?

Cammini lungo la sabbia e senti questo scricchiolio di qualcosa che viene frantumato. Abbiamo guardato per terra e abbiamo visto delle cose che sembravano frammenti di migliaia di bottiglie di vetro rotte.

Che colore avevano?

Marrone sporco.

Ne ha visto dei resti da altre parti nelle vicinanze?

C’era un’area di circa 200-300 metri quadrati di sabbia vetrosa come quella. Abbiamo capito che veniva dal fosforo bianco ed è stato sconvolgente.

Perché?

Perché durante l’addestramento si impara che il fosforo bianco non si usa, e si impara che non è umano. Si vedono dei film e si vede quello che fa alla gente che ne è colpita, e ti dici "Ecco, è quello che stiamo facendo". Non è quello che mi aspettavo di vedere. Fino a quel momento, avevo pensato di appartenere all’esercito più umano del mondo.

Fosforo bianco 3

Lì è stato senz’altro usato del fosforo bianco, l’ho visto e non ci si può sbagliare, si vedono proprio degli ombrelli infiammati.

Regole di ingaggio 1

Dall’inizio, il comandante della brigata e altri ufficiali ci hanno detto molto chiaramente che ogni movimento imponeva che si sparasse.

Indipendentemente dal tipo di movimento.

Non serve che ti sparino. Basta sospettare che ci sia un movimento, e questo prima di entrare nella nostra area designata. Non mi ricordo se l’abbia detto il comandante di brigata o qualcun altro. Non ne sono sicuro: nessuno dovrebbe essere lì, si spara ad ogni segno di movimento. Queste, essenzialmente, erano le regole di ingaggio. Spara, se vuoi. Se hai paura o se vedi qualcuno, spara.

Anche se non c’è pericolo?

Vuole dire questo, sì. Non si spara solo quando si è minacciati. Si presume di sentirsi costantemente in pericolo, quindi la minaccia è costante e si spara. In realtà nessuno ha detto "sparare comunque" o "sparare a qualsiasi cosa si muova". Ma non ci è stato ordinato di aprire il fuoco solo in caso di minaccia.

Vi sentivate minacciati, entrando?

Sì. Ricevevamo continuamente l’allerta. Il senso di minaccia letteralmente si accumulava in noi. Posso dire questo di noi, eravamo molto spaventati. In realtà non c’era motivo per esserlo, ma ci sentivamo minacciati. Non che sia successo qualcosa che lo giustificasse, ma dall’inizio siamo entrati a Gaza con la paura.

Regole di ingaggio 2

Ha fatto qualche distinzione fra civili e terroristi?

Anche questo è stato detto dopo, non nella stessa conversazione: se si vede qualcosa di sospetto e si spara, meglio colpire un innocente che esitare di colpire un obiettivo nemico. Si usa il proprio giudizio. La prima casa in cui siamo entrati non conteneva un singolo nemico. Abbiamo sparato alle finestre e non c’è stata reazione. Così siamo entrati nel modo in cui generalmente entriamo in una casa a Hebron: entriamo, chiediamo al proprietario di aprire, raduniamo tutti i maschi, li incateniamo, raccogliamo tutta la famiglia in una stanza e iniziamo a perquisire la casa. Questo normalmente in guerra non si fa.

Regole di ingaggio 3

Prosegua e chieda ai soldati quanto spesso hanno incontrato combattenti a Gaza – niente.

Quando siete entrati nella striscia di Gaza non c’era resistenza?

Quasi per niente.

Quali erano le regole di ingaggio? Portavate armi leggere?

Sì. Prima di tutto, ovunque non ci siano le nostre forze, si è esposti al fuoco. Tutto è una minaccia. Non esiste qualcosa come una procedura di arresto dei sospetti. Se individuo un sospetto, se è una minaccia per me, sparo.

Demolizioni

C’era una moschea, e non entrerò in tutti quei resoconti tradizionali sui motivi per cui c’era ancora una moschea, quelli sono per la discussione interna. Ma nel complesso, la maggior parte delle mosche è stata distrutta.

Unità rabbinica

C’erano rabbini dell’esercito che venivano e pregavano e ci davano un sacco di sostegno morale… dentro la zona, i rabbini vengono a parlarti. Un rabbino è stato portato in una casa ed era tutto eccitato per essere stato fuori sul campo con i combattenti e indossava un giubbotto protettivo di ceramica per la prima volta in 30 anni e sedeva con gli uomini a chiacchierare. Avevamo anche dei libretti editi dall’unità rabbinica con dei saggi.

Che cosa contenevano?

Saggi sull’operazione, l’importanza di servire il Popolo di Israele che è stato perseguitato in tutti questi anni e ora è ritornato nel suo Paese e deve combattere per esso. Tutti i noti clichés che mettono questo in relazione all’Olocausto e la difesa di Dio e anche perché è Gaza e il nesso con gli insediamenti evacuati di Katif, e qui stiamo ritornando nella zona di Katif, a Netzarim.

Una scala completamente diversa

Lei ha servito nell’esercito a Gaza per anni, è stata una distruzione in qualche modo simile a quelle che ha conosciuto prima?

No, nel modo più assoluto. Si è trattato di una scala completamente diversa. Questa è stata una potenza di fuoco come non ne ho mai conosciuto. Non posso dire che quando ero a Gaza non si fosse usata l’aviazione. Ma no, la terra non tremava di continuo. Voglio dire, c’erano tutto il tempo esplosioni. Se fossero lontane o vicine, questa è già semantica. Ma la nostra sensazione di fondo era che la terra tremasse costantemente. Si sentivano tutto il giorno esplosioni, la notte era piena di bagliori, un’intensità che non avevo mai provato prima. Molti bulldozer D-9 operavano 24 ore su 24, erano costantemente occupati. Questa è stata una scala di intensità molto diversa da quelle conosciute prima. Molto più grande… Guardi, quando ci sparavano, non vedevamo veramente il nemico con i nostri occhi. D’altra parte, ci sparavano e noi rispondevamo al fuoco verso punti sospetti. Che cos’è un punto sospetto? Significa che decidevi che era sospetto e potevi riversargli addosso tutta la tua rabbia.

sabato 3 ottobre 2009

Ricordi da El Khiam, il carcere israeliano nel Libano del sud

di Enrico Campofreda
Terra, 30 settembre 2009

Uscendo dal cubo rosso una scatola di ferro alta non più di cinquanta centimetri e profonda anche meno dove stava accucciato, spesso nudo, con le mani legate dietro la schiena e nelle orecchie le martellate che il giovane militare israeliano di guardia aveva l’ordine di cadenzare per ore, minuto dopo minuto - se la testa gli reggeva il “terrorista” poteva guardare l’orizzonte, verso la Palestina soggiogata. È la prigione di El Khiam, Libano del sud, che dalla liberazione del maggio 2000 un cartello avverte essere aperta. Aperta per le visite, malgrado durante la guerra dei 34 giorni del 2006 l’aviazione israeliana, bombardando il luogo, abbia provato a cancellare le tracce della sua vergogna.

El Khiam nasce dopo che, nel marzo 1978 durante il primo tentativo d’annessione dello Stato libanese, le forze armate israeliane penetrarono per decine di chilometri nel territorio meridionale ben oltre il fiume Litani. Trovava l’appoggio delle truppe dell’Els, l’esercito locale collaborazionista comandato dal maggiore Haddad, reo nell’82 d’aver affiancato i falangisti nei massacri di Sabra e Shatila. Con le successive fasi del conflitto nei primi anni Ottanta a El Khiam fu istituito un luogo di detenzione e tortura, dove sono passati migliaia di resistenti palestinesi, libanesi e semplici civili. La tortura del cubo era una delle meno cruente. C’erano quella del palo al quale venivano appesi a testa in giù i prigionieri, nudi sia in estate che in inverno, per esser presi a calci o percossi dai soldati mentre il corpo dondolava. C’erano le immancabili botte, i ferri, i getti d’acqua bollente o gelata, le ferite ricoperte di sale e limone, l’inibizione del sonno.

Un Abu Ghraib ante litteram, anche se le torture sono un vecchio, vecchissimo armamentario di qualsiasi Stato canaglia. Racconta un militante di Hezbollah, qui detenuto per quattro anni, che ora fa da guida nel luogo “chi arriva ha la possibilità di vedere il traliccio dove i prigionieri venivano appesi a testa in giù con gli occhi bendati ma possiamo solo raccontare dei corpi bagnati cui venivano inferte le scariche elettriche o quelli minacciati, quasi a contatto di morso, dal ringhiare sinistro dei cani. Le pressioni psicologiche non erano da meno: gli israeliani portavano qui le nostre donne prese dai villaggi, ce le denudavano davanti e c’intimavano di riferire dove si nascondevano i nostri compagni di lotta se non volevamo vederle violentate. Purtroppo ci furono anche stupri in questo luogo maledetto”.

Fino al 2000 qui sono passati cinquemila prigionieri di cui quattrocento donne, con una presenza continuativa di centocinquanta persone. “Nel giorno della liberazione eravamo 144. Non c’era nessuna distinzione fra adulti e minorenni, dividevo la cella con un ragazzo tredicenne, un vecchio di 77 anni e sua moglie di 74, incarcerati solo per il sospetto che vicino casa si potesse essere nascosto qualcuno della resistenza. Gli israeliani offrivano denaro a chi tradiva e li appoggiava, più o meno 5 mila dollari, e hanno trovato naturalmente in più occasione qualcuno disposto ad aiutarli. Queste persone dopo la liberazione hanno potuto godere dell’amnistia che è stata concessa, eppure noi ex prigionieri non abbiamo provato alcun desiderio di vendetta. La Croce rossa internazionale è riuscita a entrare per la prima volta a El Khiam nel 1995, cercando di apportare migliorie alle strutture, perché era ben nota la durezza delle condizioni riservate ai detenuti. Chi si trovava fra queste mura veniva considerato un disperso, con pochissime possibilità di uscirne vivo”.

Dalla fine dell’occupazione delle forze armate israeliane e della dissoluzione dell’esercito fantoccio di Haddad (guidato dall’84 dal generale Lahad e che, nonostante reclutasse anche fra gli sciiti locali, non sarebbe rimasto in vita un giorno senza il supporto d’Israele) questa prigione, per volontà di Hezbollah, è diventata una meta di memoria e turismo politico. Il Partito di Dio ha incaricato un gruppo di ex detenuti di occuparsene.

Loro, organizzati in comitato, hanno istituito un percorso guidato che spiega ai visitatori le brutalità perpetrate in questo luogo per quasi un ventennio. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di studenti e stranieri interessati ai risvolti storico-sociali del Paese. La parziale distruzione israeliana di tre anni fa ha ridefinito l’iniziale progetto ma non ne ha modificato la finalità. Che prevede una parziale ricostruzione di alcune celle danneggiate, mantenendo però intatte le macerie che ricoprono i diversi blocchi bombardati. Sono già stati predisposti pannelli esterni e piccole sale con fotografie e reperti che illustrano la fondamentale funzione giocata dalla resistenza, cavallo di battaglia del partito di Nasrallah per un Libano libero da nuove occupazioni.

martedì 29 settembre 2009

Libano: La ricostruzione di Nahr al Bared in un limbo

27 settembre 2009

Dalla fine di Agosto, nel campo profughi palestinese di Nahe al Bared, le macchine per la ricostruzione sono ferme. Il Consiglio di Stato Libanese si è concesso due mesi di moratoria sulla ricostruzione del campo distrutto.Nahr al-Bared, il più a nord dei 12 campi profughi palestinesi in Libano, è stato completamente distrutto durante una lunga battaglia estiva nel 2007.Nonostante il progetto pilota per la ricostruzione del campo sia pronto già dall’inizio del 2008 e approvato dal Governo Libanese, l’inizio dei lavori è stato rimandato di volta in volta. Quando nella primavera del 2009 è stato scoperto un sito archeologico sotto alle macerie del campo, quasi nessuno tra i profughi ha creduto alla notizia. Negli ultimi due anni, infatti si sono sentite troppe – spesso deboli – giustificazioni sui ripetuti ritardi della ricostruzione.Tuttavia, Ia scoperta archeologica, ha dimostrato di essere un fatto e il Direttorato Generale Libanese per le Antichità (DGA) è stato coinvolto. La soluzione è stata trovata assieme all’UNRWA (UN Works and Relief Agency for Palestine Refugees) e all’ufficio responsabile del Primo Ministro Libanese: Prima che il materiale venga caricato sui containers, le buche ricoperte di cemento e prima che vengano gettate le fondamenta, il DGA potrà scavare e documentare i ritrovamenti archeologici.Alla fine di Giugno, la maggior parte dei profughi non poteva credere ai propri occhi – i lavori di ricostruzione a Nahr al Bared erano finalmente iniziati. Il progetto pilota era partito con l’allestimento dei lavori che iniziarono con la Fase 1. In accordo con l’UNRWA, i lavori di riempimento degli scavi in questa Fase, dovevano terminare verso la fine di Agosto e i lavori di copertura con il cemento stavano quasi per cominciare, quando all’UNRWA è stato ordinato lo stop dei lavori da parte del Governo Libanese.Cos’era successo? Già in primavera il Leader del movimento d’opposizione "Free Patriotic Movement", Michel Aoun, aveva redatto un appello contro la decisione del governo relativa alla copertura degli scavi nel campo. Il 18 agosto, il Consiglio di Stato concedeva una moratoria provvisoria. Una decisione definitiva si attende per Ottobre.Il 31 Agosto, migliaia di abitanti di Nahr Al Bared hanno reagito al blocco dei lavori con una manifestazione di massa all’ingresso del cantiere di ricostruzione e proteste si sono tenute in vari campi profughi del Libano. Le critiche non erano rivolte solo allo stop dei lavori ma anche contro l’assedio che isola il campo, i suoi residenti e le attività commerciali dal mondo esterno. Il 16 settembre, i profughi hanno portato la protesta nelle strade della città di Tripoli, nel nord del Libano. La protesta ha visto anche la partecipazione di simpatizzanti libanesi.Rappresentanti del Comitato per la Ricostruzione di nahr Al Bared, accusano i politici libanesi di usare ancora una volta i ritrovamenti archeologici per guadagnare voti. Il Comitato punta a complementare il discorso chiedendo la trasformazione del sito archeologico in sito turistico.Negli ultimi due anni, le proteste degli abitanti si sono limitate a manifestazione non provocatorie e a semplici presidi. La precauzione è dovuta alla memoria ancora vivida sulla manifestazione della fine di Giugno del 2007, quando 3 manifestanti furono colpiti a morte da proiettili e molti altri rimasero feriti. In una conferenza stampa, gli attivisti di Nahr Al Bared hanno accennato al lancio di una serie di azioni di protesta non violente ma crescenti, tra le quali un importante boicottaggio dei permessi d’ingresso rilasciati e controllati dall’ Esercito Libanese.Ray Smit è un attivista del collettivo mediatico anarchico a-films. Il collettivo ha lavorato a Nahr al Bared durante gli ultimi due anni e ha girato circa una dozzina di cortometraggi su campo pubblicati sul suo sito: website. Author : Ray Smith *

sabato 26 settembre 2009

RILASCIARNE UNO E " DIMENTICARNE UNDICIMILA"

Giovedì 17 settembre è stata consegnata questa lettera aperta al Presidente del Senato ed ai senatori presenti, tutti gli altri l'hanno poi ricevuta con il servizio postale .

I movimenti, le associazioni e le persone che condividono questo appello possono sottoscriverlo inviando una mail a: presidente@perilbenecomune.net

oppure scrivendo a: Per il Bene Comune, Piaz.le Stazione 15, 44100 Ferrara – tel./fax. 0532.52.148
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La lettera inviata ai senatori:

Signor Presidente del Senato, Signori Senatori della Repubblica,

abbiamo registrato con sorpresa la notizia che il Senato ha approvato una risoluzione che chiede il rilascio di un soldato di Israele, catturato mentre partecipava ad una operazione militare ordinata per “perlustrare” un villaggio della striscia di Gaza.

Sorprende che tale presa di posizione non abbia nemmeno accennato agli oltre 11.000 (undicimila) palestinesi rapiti e illegalmente imprigionati dall’esercito e dalle autorità d’occupazione israeliane, ben sapendo che tra queste ci sono anche il Presidente della Assemblea Nazionale (Parlamento) e oltre cinquanta sindaci e dirigenti politici palestinesi, tra cui 21 parlamentari.

Confidando sulla adesione del Senato della Repubblica alla Carta Universale dei diritti dell’Uomo e sull’indipendenza sua e degli attuali senatori dalle pressioni della lobby filo sionista, noi facciamo appello a lei ed a tutti i senatori affinché venga posto un rimedio a tale “dimenticanza”, assumendo una posizione più giusta, equilibrata e dignitosa, in cui venga chiesto alle autorità civili e militari di Israele:

di rispettare le 72 (settantadue) risoluzioni e le deliberazioni dell’ONU sin qui ignorate;

di porre fine alla occupazione militare e alla colonizzazione della Palestina e del Golan;

di liberare i colleghi parlamentari palestinesi che sono stati rapiti;

di liberare tutti i prigionieri da anni in carcere senza processo e colpevoli unicamente di non gradire l’occupazione militare della propria terra;

di fare piena luce sul traffico d’organi che avviene dopo le morti “accidentali” dei prigionieri.

Fernando Rossi
Senatore della XV Legislatura
Lista Civica Nazionale Per il Bene Comune

Visita il sito: www.perilbenecomune.net

mercoledì 23 settembre 2009

“Dopo la pubblicazione del rapporto dell’ Onuper i fatti avvenuti a Gaza: Israele al Tribunale per i crimini di guerra!”

22 settembre


pubblicazione del rapporto dell’Onu per l’accertamento dei fatti sul conflitto di Gaza è un passo importante, a condizione che abbia un seguito. Esso è importante anzitutto per la sicurezza pubblica internazionale: durante i due decenni del predominio dei neo-conservatori negli Stati Uniti, abbiamo assistito agli sforzi congiunti della casa Bianca e di Israele per vanificare le norme del diritto internazionale. Possiamo ricordare lo stupido commento di George W. Bush: egli, nella cornice della guerra globale al terrorismo sostenne che era essenziale annullare le limitazioni poste ai combattenti dalla Convenzione di Ginevra.E Israele, già nei primi anni ’70 aveva deciso che la Quarta Convenzione di Ginevra non era applicabile nei Territori Occupati.Il rapporto, e prima di questo il parere consultivo della Corte Internazionale sulle Conseguenze legali della costruzione di un muro nei territori palestinesi occupati, ricorda al mondo che la lezione dell’epoca nazista non è stata dimenticata e che il mondo non è una giungla in cui predomina la forza, ma una comunità civilizzata che si sforza di agire secondo le leggi internazionali che proteggono i fondamentali diritti degli esseri umani. E per coloro che obiettano, giustamente, che queste norme internazionali sono violate ogni giorno dalla maggioranza dei Paesi del mondo, noi dobbiamo rispondere che è meglio che ci siano norme e leggi che proteggono i più deboli, anche se non sono generalmente rispettate, che vivere in una società senza leggi che permette al più forte di fare ciò che vuole.Le risposte dei leader israeliani erano prevedibili: "rapporto prevenuto" " approccio unilaterale", e " noi abbiamo sempre saputo che Goldstone è antisemita…. o un Ebreo che odia se stesso".A capo di questa campagna sta, e non poteva essere altrimenti, Ehud Barak, che ha dichiarato che "questo rapporto non solo premia il terrorismo, ma addirittura lo incoraggia" . Barak ha aggiunto che il Ministro della Difesa assicurerà la consulenza legale a quegli ufficiali contro i quali fossero avviati procedimenti legali.In base ai regolamenti della legge internazionale si suppone che le conclusioni del rapporto saranno ora discusse nel Consiglio per i Diritti Umani e poi nel Consiglio di Sicurezza, che potrebbe poi trasferirle alla Corte Internazionale dell’Aja o a una Corte internazionale speciale, cosicché coloro che sono sospettati di aver commesso crimini di guerra possano essere processati e se ritenuti colpevoli condannati a stare dietro le sbarre per molti anni. In ogni modo, questa stessa legge internazionale ha previsto dei privilegi per le grandi potenze, cioè il potere di veto.La diplomazia israeliana concentrerà immediatamente i propri sforzi nel convincere alcune di queste potenze a porre il veto e togliere Israele dai guai. E soprattutto farà pressioni sulla casa Bianca.Così è arrivata la vera prova per Barack Obama : nessuna dichiarazione su "la pace entro due anni" e "il diritto dei palestinesi a uno stato", ma al momento una trattativa con politiche concrete che contraddicono i valori che egli sostiene e con chiare esortazioni a adire alle vie legali.Barack deciderà se al sistema delle leggi internazionali sarà permesso di fare ciò che ci si aspetta da esse . Con mio dispiacere, io scommetto che lui starà con Israele, cioè, che gli Stati Uniti useranno il potere di veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.Comunque, il veto americano non porrà fine alla storia: numerosi Paesi nel mondo hanno adottato leggi che permettono loro di giudicare persone accusate di crimini di guerra contro l’umanità.Sta a noi, donne e uomini, in Israele e all’estero, che temono per la sicurezza pubblica internazionale e le leggi internazionali, il compito di unire le forze per porre a questi criminali di guerra il dilemma: rischiare di essere processati se vengono trovati in paesi il cui la legge lo permette, o rimanere chiusi in Israele, abbandonando l’idea di fare turismo in Spagna o un anno sabbatico nel Regno Unito.Come è accaduto al precedente comandante delle forze aeree israeliane che è stato costretto a rimanere dentro l’aereo all’aeroporto di Londra, quando seppe dell’ordine di detenzione che lo aspettava se avesse messo piede in Gran Bretagna.La creazione di un "Osservatorio sui crimini di guerra israeliani" può essere uno dei contributi della società civile per dar seguito al rapporto dell’ ONU , in aggiunta alla raccolta del rilevante materiale e delle testimonianze sulle azioni militari di Israele a Gaza , e al monitoraggio dei movimenti di coloro che sono sospettati di crimini di guerra.