sabato 27 giugno 2009

IL MURO DELLA VERGOGNA…



Cari amici,
mancano meno di due settimane al quinto anniversario della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sullo smantellamento del Muro. Il fatto che la costruzione del Muro continui, a cinque anni dalla sentenza, è la prova lampante dell’impunità che la comunità internazionale garantisce ad Israele.
In questo anniversario, facciamo appello ai sostenitori dei diritti dei Palestinesi in tutto il mondo affinché rinnovino i loro sforzi nella lotta contro il Muro dell’Apartheid.

Cinque anni fa, la Corte Internazionale di Giustizia sembrava aver rafforzato la nostra battaglia. Il 9 luglio 2004, la Corte sentenziò che

- la costruzione del Muro nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, è illegale e che Israele doveva cessarne la costruzione, smantellare le parti già costruite e risarcire i danni causati.
- nessuno Stato avrebbe dovuto fornire aiuto o assistenza al mantenimento del Muro ed al suo regime e tutti gli Stati aderenti alla IV Convenzione di Ginevra sono obbligati ad assicurare il rispetto da parte di Israele delle leggi umanitarie internazionali.

Nonostante la chiarezza di questa sentenza, né Israele, né la comunità internazionale hanno indicato che intendono rispettare i loro obblighi verso il Diritto Internazionale. Invece, il Muro è semplicemente scomparso dall’agenda della diplomazia internazionale, mentre continuano le distruzioni di cui è causa.
Nei primi quattro mesi di quest’anno, l’esercito israeliano ha già costruito più parti del Muro che nell’intero 2008. Come risultato di questo progetto, lo sbalorditivo numero di 266.422 Palestinesi che vivono in Cisgiordania sono circondati, isolati e con la prospettiva della deportazione.

Le Nazioni Unite non hanno fatto nulla per realizzare la decisione della Corte Internazionale di Giustizia e, con l’eccezione di pochi governi, gli Stati non hanno fatto pressione o attuato sanzioni verso Israele. L’imprenditoria internazionale continua a finanziare ed a fornire materiali sia per la costruzione del Muro che per le colonie.
Se l’amministrazione Obama e i governi europei fossero seri sulle loro posizioni sulle colonie, per prima cosa imporrebbero il rispetto della sentenza della Corte, che evidenzia l’illegalità del Muro, delle colonie e del regime che vi è associato. In questo modo, i leader politici potrebbero far rispettare il Diritto Internazionale e restituire ai popoli fiducia nella pace e nel futuro.

Lasciati soli a difendere i propri diritti e le norme del Diritto Internazionale, i comitati popolari hanno continuato le mobilitazioni con il sostegno dei difensori dei diritti umani di tutto il mondo. Hanno rallentato la costruzione del Muro e ottenuto restituzioni di terre, ma l’obiettivo finale di abbattere il Muro è ancora lontano. I villaggi palestinesi continuano a pagare un alto prezzo per la loro determinazione 16 persone, la metà delle quali bambini, sono già state uccise dalle forze israeliane nel corso delle proteste, mentre altre centinaia sono state ferite o arrestate.

Interi villaggi subiscono il coprifuoco e la chiusura dei cancelli del Muro come punizione collettiva.

giovedì 25 giugno 2009

A Istanbul i primi sforzi internazionali per ricostruire Gaza.



Istanbul – Infopal. L’Organizzazione araba per la ricostruzione di Gaza ha organizzato la prima Conferenza internazionale per la ricostruzione di Gaza, svoltasi mercoledì e giovedì nella città di Istanbul, in Turchia.
Alla Conferenza hanno partecipato circa 800 personalità provenienti da più di trenta paesi del mondo arabo, musulmano e europeo, tra cui rappresentanti di organizzazioni sindacali e associazioni benefiche, imprenditori e uomini d'affari.L’Organizzazione, fondata dopo l'aggressione sionista sulla Striscia di Gaza dall’ordine degli ingegneri giordani e da altri ordini di paesi arabi e internazionali, ha invitato a muoversi rapidamente su tutti i fronti per ridare vita alla città martoriata, sottolineando che la guerra ha distrutto le infrastrutture e i settori principali al servizio dei cittadini.
A tal proposito, sarebbero stati già individuati 450 progetti per la sanità, l’edilizia abitativa e l’istruzione, per un costo complessivo di circa mezzo miliardo di dollari.La conferenza ha inoltre annunciato il lancio di un’azione appoggiata da ordini ed associazioni di tutti i paesi del mondo. Wael as-Saqqa, presidente del Consiglio di amministrazione dell’Organizzazione, ha comunicato che il valore dell’azione sarà pari a 100 €, e che la sua sottoscrizione su scala internazionale aprirà la strada a molte persone perché contribuiscano alla ricostruzione. Per i partecipanti musulmani alla conferenza di fede musulmana è stata ricordata la fatwa (un parere ufficiale emanato da un’autorità religiosa musulmana, ndr) del presidente dell’Unione internazionale dei sapienti musulmani, il dott. Yusuf al-Qaradawi, nella quale si afferma che tale contributo va considerato parte “della zakat (la donazione di beneficenza richiesta dai principi dell’Islam, ndr) obbligatoria per tutti i musulmani”.Secondo quanto dichiarato nella fatwa, “se la ummah musulmana si è divisa sulla questione dei fratelli di Gaza, se non è stata in grado di aiutare a respingere l’aggressione o fermarla, come avrebbe richiesto il dovere religioso, e se, com’è accaduto molte volte, non è stata in grado di far arrivare gli aiuti, come cibo, vestiti e medicine, allora il minimo che può fare è ricostruire quanto è stato distrutto: case, scuole, ospedali, impianti idrici e per l’elettricità, strade e infrastrutture; questo soprattutto se il nemico tenta di ottenere, facendosi carico della ricostruzione, ciò che non ha ottenuto con la sua brutale aggressione ai danni del nostro popolo”.La linea espressa dalla fatwa prevede che tutti i musulmani dovrebbero contribuire alla causa, in quanto “imposto dalla zakat, dal momento che la popolazione di Gaza, che vive in povertà, ne ha pieno diritto”. Il presidente as-Saqqa, nel corso della Conferenza, ha inoltre annunciato l'apertura di alcune sedi regionali dell’Organizzazione per la ricostruzione, ad esempio in Giordania e in Turchia, e la prossima estensione della rete ad altri paesi arabi ed islamici. L’Organizzazione è stata inoltre registrata ufficialmente in Gran Bretagna e Turchia. Da parte sua, lo stato turco ha promesso di destinare 350 milioni di euro a Gaza.

IL CARCERE 1931...



L’organismo per il controllo della tortura delle Nazioni Unite ha criticato Israele per non aver permesso l’ispezione di una prigione segreta chiamata dai critici "la baia di Guantanamo israeliana" e ha chiesto di sapere se attualmente siano operativi altri campi di prigionia di questo tipo.In un rapporto pubblicato di recente, il Comitato Internazionale Contro la Tortura ha chiesto che Israele renda nota l’esatta ubicazione del campo di prigionia, ufficialmente definito "Facility 1391" e permetta l’accesso allo stesso comitato.Accertamenti da parte dei gruppi per i diritti umani israeliani mostrano che questa prigione era stata utilizzata nel passato per incarcerare prigionieri arabi e mussulmani, compresi i palestinesi, e che i maltrattamenti e le torture sarebbero state praticate abitualmente durante gli interrogatori.La commissione del Comitato delle Nazioni Unite formata da dieci esperti indipendenti ha inoltre trovato credibile le tesi dei gruppi israeliani, i quali affermano che i detenuti palestinesi sono sistematicamente torturati nonostante la sentenza del Tribunale Supremo Israeliano del 1999 che proibisce questa pratica.L’esistenza del carcere 1931 è venuta alla luce nel 2002, quando per la prima volta vi vennero incarcerati Palestinesi durante una nuova invasione della Cisgiordania da parte di Israele.In una rapporto al Comitato delle Nazioni Unite Israele ha negato che attualmente ci siano ancora dei prigionieri nel carcere 1931, anche se ha ammesso che vi siano stati detenuti numerosi prigionieri libanesi in occasione dell’attacco contro il Libano nel 2006.Il Comitato ha espresso la sua preoccupazione per una sentenza del Tribunale Supremo Israeliano del 2005 che trovava "ragionevole" che lo stato non investigasse sulle sospette torture in quel carcere. Si può supporre che il comitato sia preoccupato che, senza ispezioni, la prigione sia ancora in uso oppure possa riaprire con breve preavviso.La corte israeliana - scrive il comitato - "dovrebbe garantire che tutte le accuse di maltrattamenti e torture da parte dei detenuti del carcere 1931 siano investigate in modo imparziale e i risultati resi pubblici".Hamoked, un’organizzazione israeliana per i diritti umani, è stata la prima a identificare la prigione dopo che nel 2002 i familiari di due cugini palestinesi detenuti a Nablus ne persero le tracce. I funzionari israeliani finalmente ammisero che i due erano detenuti in un luogo segreto.Israele continua a non voler comunicare l’esatta ubicazione della prigione, che si trova nel territorio a 100 km a nord di Gerusalemme. Solo pochi edifici sono visibili, perché la maggior parte della prigione è sotterranea."Abbiamo saputo dell'esistenza della prigione solo perché l’esercito ha commesso l’errore di rinchiudervi Palestinesi in quanto nelle principali prigioni israeliane non c’era più spazio", ha detto Dalia Kerstein la direttrice di Hamoked."L’autentico scopo del campo di prigionia è quello di potervi interrogare i prigionieri del mondo arabo e mussulmano, che sarebbe difficile scoprire, in quanto è assai improbabile che i loro familiari possano contattare le organizzazioni israeliane per poter essere aiutati".La signora Kerstein ha detto che questa prigione rappresenta una violazione del diritto internazionale ancora più grave del campo di prigionia di Guantanamo, in quanto non è stata mai ispezionata e nessuno sapeva quello che stava succedendo lì dentro.I due cugini palestinesi, Mohammed e Bashar Jaddallah, hanno testimoniato che sono stati reclusi in celle di isolamento di due metri quadrati, con le pareti verniciate di nero, senza finestre e con una lampadina tenuta accesa 24 ore al giorno. Nelle rare occasioni in cui sono stati scortati all'esterno, dovevano portare occhiali oscuranti.Quando Bashar Yaddalla, cinquantenne, chiese dove si trovava, gli risposero che era "sulla luna". Mohammed Yaddallah, di 23 anni, ha testimoniato che è stato ripetutamente picchiato, ammanettato strettamente, legato ad una sedia in una posizione dolorosa , non gli è stato permesso di andare in bagno, gli è stato impedito di dormire e ogni volta che cedeva al sonno veniva svegliato con secchiate d’acqua. E' stato inoltre riferito che coloro che lo interrogavano gli hanno mostrato le foto dei suoi familiari e minacciato di far loro del male.Benchè i Palestinesi detenuti in quel carcere siano stati interrogati dai servizi segreti interni israeliani, lo Shin Bet, gli stranieri furono posti sotto la responsabilità di un’ala speciale dell’intelligence militare conosciuta come Unità 504, i cui metodi di interrogatorio si crede siano molto più duri.Poco dopo che si sapesse della prigione, un ex-detenuto libanese, Mustafa Dirani, un leader del gruppo sciita di Amal, aveva presentato una denuncia in Israele affermando di aver subito violenza sessuale da parte di un secondino.Dirani, sequestrato in Libano nel 1994, è stato detenuto per otto anni assieme ad un dirigente di Hezbollah, Sheid Abdel Karim Obeid. Israele sperava di estorcere ai due informazioni concernenti un pilota dell’aviazione disperso, di nome Ron Arar, il cui aereo era precipitato in Libano nel 1986.Dirani asserì in tribunale che uno degli inquisitore di alto grado dell'esercito israeliano, conosciuto come "maggiore George", lo sottopose ad abusi fisici, in uno dei quali venne sodomizzato con un bastone.Il caso venne lasciato cadere all'inizio del 2004, quando Dirani è stato rilasciato in uno scambio di prigionieri.La signora Kerstein ha detto che non ci sono prove certe dell’esistenza in Israele di altre prigioni come il carcere 1391, anche se alcune delle testimonianze raccolte da diversi ex prigionieri sembrerebbero suggerire che questi siano stati reclusi in differenti posti segreti.La signora Kerstein ha espresso la preoccupazione che Israele possa essere stato uno dei paesi destinatari dei voli con "consegne straordinarie", nei quali prigionieri catturati dagli Stati Uniti sono stati trasferiti illegalmente in altri paesi per poi essere sottoposti a tortura."Se una democrazia permette l’esistenza di un carcere di questo tipo, chi può permettersi di dire che non ce ne siano degli altri?", ha detto.Il Comitato delle Nazioni Unite ha esaminato altri sospetti di tortura sempre riguardanti Israele, e ha espresso una particolare preoccupazione davanti al fatto che Israele avesse mancato di investigare più di 600 denunce fatte dai detenuti contro lo Shin Bet, a partire dalle ultime udienze della Commissione, nel 2001.Ha inoltre evidenziato le pressioni fatte sugli abitanti di Gaza che necessitavano di entrare in Israele per trattamenti medici, al fine di farli diventare degli informatori.Ishai Menuchin , direttore esecutivo del Comitato Pubblico Israeliano contro la Tortura , ha detto che il suo gruppo ha inviato al Comitato delle Nazioni Unite numerosi rapporti, che mostravano l’utilizzo sistematico della tortura contro i detenuti."Dopo la sentenza del Tribunale Supremo Israeliano del 1999 [che vietava l'uso della tortura], coloro che conducono gli interrogatorii hanno semplicemente imparato ad essere più 'creativi' nelle loro tecniche".Ha aggiunto che da quando Israele ha definito Gaza un "Stato nemico", alcuni palestinesi sequestrati a Gaza cono stati detenuti in qualità di "combattenti illegali", invece che come "detenuti per motivi di sicurezza"."In tali circostanze, potrebbero avere la qualifica per essere detenuti in prigioni segrete come il carcere 1391".


martedì 23 giugno 2009

"SCONVOLTO"



“Sconvolto” è la parola che senti pronunciare dalle persone (poche) che hanno avuto modo di entrare recentemente nella striscia di Gaza. Entrare e vedere con i propri occhi come vivono i palestinesi in quel piccolo fazzoletto di terra.
“Sono sconvolto”: l’ha detto anche l’ex presidente americano Jimmy Carter, che in questi giorni si è recato a Gaza. La visita è durata un giorno appena ma è stata sufficiente per avere un’idea della distruzione e delle devastazioni provocate dall’offensiva israeliana “Piombo fuso” nel dicembre 2008.
Ha usato anche altri termini, più duri: “ho difficoltà a trattenere le lacrime”; “ho visto le deliberate distruzioni”; “1,5 milioni di palestinesi qui a Gaza trattati come animali”
Carter ha avuto modo di verificare che la ricostruzione a Gaza non c’è stata per il semplice motivo che esiste e persiste un blocco (illegale) di Israele che impedisce il transito a qualsiasi cosa, dall’acciaio al cemento, fino ai giocattoli e alle matite colorate per bambini!
A fine giornata l’ex presidente degli Stati Uniti ha inoltre avuto modo di incontrare Ismail Haniyeh, leader di Hamas. A fine incontro Carter ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Hamas vuole la pace”.Non mi risulta che Carter sia un filo-terrorista!

domenica 21 giugno 2009

Due anni di chiusura di Gaza nei numeri

>Giugno 2007 – giugno 2009 una frontiera chiusa. La limitazione degli approvvigionamenti

- Quantità di beni a cui è consentito l'ingresso a Gaza, in base alla domanda: 25% (approssimativamente 2.500 tir al mese contro i 10.400 precedenti al giugno 2007)

- Forniture di gasolio a cui è consentito l'ingresso a Gaza, in relazione al fabbisogno: 65% (2,2 milioni di litri alla settimana contro i 3,5 necessari per produrre elettricità)

- Durata media dell'interruzione nell'erogazione di energia elettrica a Gaza: 5 ore al giorno

- Numero delle persone senza accesso all'acqua corrente a Gaza: 28.000

Confronti e comparazioni

- Numero delle voci dei beni alimentari di cui la risoluzione del Governo israeliano ha promesso l'ingresso a Gaza: illimitato
- Numero delle voci dei beni alimentari che attualmente hanno il permesso di entrare a Gaza: 18

- Ammontare della somma di denaro promesso per gli aiuti alla ricostruzione dalla Conferenza dei Donatori nel marzo 2009: 4,5 miliardi di dollari
- Quantità di materiali per l'edilizia autorizzati ad entrare a Gaza: Zero

- Tasso di disoccupazione a Gaza nel 2007, anno in cui è stata imposto il blocco: 30%
- Tasso di disoccupazione a Gaza nel 2008: 40%

Niente sviluppo, niente prosperità, solo i beni "umanitari minimi" sono autorizzati all'ingresso

- L'esercito israeliano consente l'ingresso della margarina in piccole confezioni singole ma non quello della margarina stoccata in grandi contenitori perchè potrebbe essere usata per l'industria (per esempio dalle aziende alimentari, producendo così posti di lavoro)

- Il Governo israeliano ha chiarito l'interpretazione restrittiva al provvedimento del 22 marzo 2009, il quale autorizzava l'ingresso senza limitazioni di rifornimenti alimentari all'interno di Gaza e che il governo "non intende rimuovere le restrizioni imposte precedentemente all'entrata di cibo e rifornimenti in Gaza". Traduzione: le forniture alimentari continuano ad essere limitate.

- Tra prodotti alimentari il cui ingresso a Gaza è vietato figurano: Halva (dolce a base di pasta di semola), te e succhi di frutta.

- Tra beni non alimentari il cui ingresso a Gaza è vietato figurano: palloni da calcio, chitarre, carta, inchiostro.

Un popolo in trappola

- Numero di giorni in cui il valico di Rafah è stato aperto per un traffico regolare: Zero

- Numero di persone ogni mese non in grado di attraversare Rafah: 39.000

- Criterio per il passaggio al valico di Erez: casi umanitari eccezionali

mercoledì 17 giugno 2009

Centro per i diritti umani di Gaza: ecco i numeri della guerra d'Israele.

16 giugno 2009Gaza. Il Centro al-Mizan per i diritti umani, in una relazione sulle perdite e sui danni subiti dalla popolazione della Striscia di Gaza durante l’ultima guerra israeliana, ha illustrato i crimini commessi dall'esercito di occupazione nel periodo dal 27 dicembre 2008 fino all'alba del 18 gennaio 2009.Nel rapporto, diffuso ieri e intitolato "L’aggressione in cifre", sono pubblicati i numeri delle vittime e dei danni arrecati alle persone e alle proprietà.Le persone morte durante la guerra o in seguito alle ferite riportate sono 1.410: 355 al di sotto dei diciotto anni d’età, 110 donne e 240 combattenti della Resistenza.11.135 case private, 581 edifici pubblici, 209 impianti industriali, 724 imprese commerciali e 650 veicoli risultano distrutti dai bombardamenti e dalle operazioni dell’esercito sionista, mentre la superficie di terre agricole danneggiate raggiunge i 627.175 ettari.A conclusione della relazione vengono citate le indagini effettuate da al-Mizan e da varie istituzioni nazionali e internazionali, che dimostrano come sia stato commesso un gran numero di gravi e sistematiche violazioni del diritto internazionale umanitario, altrimenti definibili come crimini di guerra contro l'umanità, in base a quanto è scritto nella Carta del Tribunale internazionale e nella IV Convenzione di Ginevra.Il centro specifica che "tra questi crimini sono inclusi il bombardamento di case con civili al loro interno, le sparatorie contro civili che sventolavano bandiere bianche, l'uso indiscriminato della forza distruttiva delle armi nelle zone civili, il bersagliamento di civili senza distinzione, l'uso dei civili come scudi umani, il bersagliamento del personale medico, l’ostacolamento delle ambulanze e il bersagliamento delle sedi e dei dipendenti delle Nazioni Unite".Il rapporto riferisce inoltre che a tali crimini bisogna aggiungere le pratiche delle forze di occupazione ai danni della popolazione locale, come ad esempio le punizioni collettive, la distruzione della rete dell’acqua e delle linee elettriche, l’interruzione e la devastazione delle strade che collegano le province della Striscia di Gaza (un gesto gravissimo in quanto comporta problemi nei rifornimenti di cibo e medicine, che si sommano a quelli provocati dall’assedio) e la sofferenza psicologica causata dalle aggressioni massicce contro le zone residenziali.Tutto questo, secondo al-Mizan, ha fatto sì che, per l’intera durata del conflitto, non esistesse nemmeno un posto in tutta la regione che permettesse ai civili di restare al sicuro.

martedì 16 giugno 2009

Farsi prendere per i fondelli da Netanyahu


15 giugno 2009Nel mezzo del casino iraniano ci mancavano i giochini di Netanyahu, infilatosi nei titoli di giornale con pseudoproposte di pace in Medio Oriente messe giù all’unico scopo di prendere per il naso le distratte opinioni pubbliche occidentali e costringere i palestinesi a dire l’ennesimo, inevitabile "no" che gli servirà da scusa per sferrare l’ennesimo, prevedibile, attacco.I preparativi di alibi di Netanyahu appaiono più grossolani del solito, stavolta: in pratica, il Nostro propone ai palestinesi di farsi uno Stato con questa roba qua (cliccare qui per ingrandirla come si deve, in tutta la sua tragica ironia):


In questo arcipelago di giardinetti interrotti ogni cento metri dal territorio israeliano, i palestinesi avrebbero il diritto di tenere una bandiera e cantare un inno, e basta. Per il resto, dice che non avrebbero il controllo dello spazio aereo, come se avessero il controllo di quello di terra, dell’acqua o di quant’altro. Le colonie illegalmente costruite nelle zone migliori del territorio palestinese continuerebbero ad esistere e con i coloni "fratelli e sorelle", secondo quel delinquente, lo Stato israeliano manterrebbe "la massima concordia", qualunque cosa ciò significhi.
La frase geniale, poi, è questa qua: ""Gerusalemme dovrà rimanere capitale indivisibile dello Stato ebraico". "Rimanere"? Ma davvero? Ma da quando Gerusalemme è capitale di Israele, scusate? La dichiarazione di Gerusalemme capitale è una violazione del diritto internazionale (ris. 478/80 del Consiglio di sicurezza dell’ONU) e non c’è paese che la riconosca. E invece, secondo Netanyahu, i palestinesi - giusto loro, quando non lo fa manco l’Unione Europea - dovrebbero accettare che essa "rimanga" tale. Tu pensa che faccia di tolla.
E poi la pretesa che l’ANP "riporti l’ordine a Gaza" contro i governanti a suo tempo democraticamente eletti, roba che manco Ahmadinejad.E lo sprezzante appellativo di "Hamastan", e la chiusura ai profughi in quanto "non ebrei" e così via.
Mi pare difficile dare torto a chi lo ha definito un discorso "razzista". Se questo non è razzismo, che dire: spiegatemi cos’è il razzismo secondo voi, grazie.
Rimane da capire quale sia il vero obiettivo di Netanyahu, dopo questa occupazione di prime pagine dei giornali a mo’ di lupo travestito da nonna di Cappuccetto Rosso.Vorrà divorarsi qualcosa d’altro, come dicevo prima, approfittando dell’allarme generale sull’Iran: non vedo altre spiegazioni.

lunedì 15 giugno 2009

Le elezioni libanesi: una prima analisi

9 giugno 2009

Le elezioni del 2009 si sono concluse con messaggi molteplici e contraddittori, ma mai sorprendenti per il Libano. Tuttavia, forse la cosa più importante è che si è trattato di una consultazione caratterizzata da una vera partecipazione e da una leale competizione in molti collegi elettorali. Un esito rinfrancante, se si pensa che le elezioni nella regione sono solitamente manifestazioni plebiscitarie messe in scena dai despoti al potere.
Queste elezioni saranno ricordate per le previsioni sbagliate che le hanno caratterizzate. Una previsione palesemente fuori bersaglio, espressa con convinzione proprio dalle pagine di questo giornale la scorsa settimana, è stata quella secondo cui molti elettori cristiani confusi avrebbero rimescolato le carte fra le diverse liste dei loro candidati. E’ accaduto esattamente il contrario, visto che i blocchi elettorali, ed anche gli indipendenti – nient’affatto confusi – hanno espresso il loro voto alle urne in maniera relativamente inalterata. Ciò ha dimostrato che il potere dei leader e dei partiti politici di portare alle urne obbedienti blocchi di elettori è stato più saldo che mai; che i cristiani indipendenti hanno in gran parte votato sulla base delle loro convinzioni, in questo caso contro Michel Aoun e contro Hezbollah; e che il Libano rimane diviso tra due ampie coalizioni, cosicché le elezioni, pur rivelando un fondamentale allontanamento dalle scelte dell’opposizione, hanno cambiato poco negli equilibri di forza complessivi del paese.
Le elezioni hanno espresso una convincente vittoria della coalizione del 14 Marzo, dimostrando che essa potrebbe ottenere una netta maggioranza senza dipendere dai cosiddetti indipendenti; e ciò, anche tenuto conto di una legge elettorale che favorisce l’opposizione. Saad Hariri sarà il prossimo primo ministro, ponendo fine alle speculazioni su quando egli avrebbe potuto assumere l’incarico. Egli ha un mandato, ed ha agito astutamente nel periodo pre-elettorale, camminando in punta di piedi attraverso vari "campi minati" per soddisfare i propri partner. Egli è anche riuscito a cooptare i suoi potenziali rivali sunniti, consolidando la sua "presa" sulla comunità dopo un periodo in cui la sua leadership era stata messa in dubbio. Ciò non soltanto promuoverà le credenziali di Hariri in Arabia Saudita e nel mondo arabo, ma indica anche che egli è finalmente riuscito a mettersi alle spalle la debacle del maggio 2008 .
I principali alleati di Hariri, Samir Geagea e Walid Jumblatt, hanno avuto letture del tutto differenti dei risultati. Geagea ha rischiato in alcune regioni, ma alla fine ha ampliato la propria base di rappresentatività, fra membri del partito e candidati esterni da lui appoggiati. Egli rimane tuttora nettamente dietro il generale Michel Aoun in termini di quote parlamentari, ma ha condotto una campagna ben organizzata, aumentando relativamente il suo peso politico e dimostrando di essere un attore di rilievo in circoscrizioni chiave come Zahleh e Beirut. Geagea ha lavorato soprattutto in vista delle elezioni del 2013 ed in preparazione del periodo post-Aoun, visto che il generale sarà quasi ottantenne fra quattro anni. In questo senso, il leader delle Forze Libanesi ha raggiunto gran parte dei suoi obiettivi.
Jumblatt, prevedibilmente, ha avuto buoni risultati nei distretti di Chouf e Aley, ma ha subito due importanti sconfitte sotto il profilo della sua strategia generale. Egli ha perso il parlamentare druso Ayman Choukair nella circoscrizione di Baabda, facendo arretrare il proprio blocco a vantaggio di un’alleanza di maroniti e sciiti, e lasciando ipotizzare che essi potrebbero scegliere il rappresentante druso in quel distretto in futuro. Come se non bastasse, egli aveva contato molto sulla sua apertura nei confronti degli sciiti e sulla sua alleanza con il presidente del parlamento Nabih Berri per aiutare Choukair a vincere. Questa bizzarra idea è crollata visto che la comunità sciita ha votato in massa a favore di Aoun. Ciò ha messo in evidenza i veri limiti del riavvicinamento di Jumblatt nei confronti di Berri, che entrambi vedevano come l’embrione di un blocco centrista più amichevole nei confronti della Siria.
Michel Aoun ancora una volta ha gestito un paradosso. Egli è emerso dalle elezioni più forte, ma accompagnato da segnali che indicano che l’appoggio popolare dei cristiani nei suoi confronti è in sensibile declino. Aoun controllerà il blocco cristiano più ampio in parlamento, e ciò gli servirà per rinsaldare il suo potere contrattuale, continuando a insistere sul fatto che egli è il rappresentante maronita di maggior spicco, in particolar modo nel suo rapporto con Saad Hariri e con la comunità sunnita. Tuttavia, i margini della sua vittoria sono notevolmente inferiori rispetto al 2005; egli ha avuto bisogno del voto sciita per vincere in molti distretti a maggioranza cristiana; e un gran numero di cristiani ha dichiaratamente votato contro di lui, dimostrando che egli continua a non avere alcuna capacità di unire la propria comunità.
Hezbollah non può essere dispiaciuto dei risultati. Si è pur sempre trattato di una situazione da cui il partito sciita aveva comunque da guadagnare. La maggioranza ottenuta dalla coalizione del 14 Marzo è più o meno la stessa di quattro anni fa, e con Hariri come primo ministro, Hezbollah pensa di poter porre un volto sunnita credibile a difesa della sua "resistenza" armata. Il partito ritiene anche, a torto o a ragione, di aver un maggior potere negoziale nei confronti di Hariri se egli è al governo. Hezbollah aveva puntato molto su Aoun e questa scommessa alla fine ha pagato, nella misura in cui Aoun è debitore nei confronti del partito. Egli dirà di aver vinto Nabih Berri a Jezzine, Walid Jumblatt a Baabda, ed il presidente Michel Suleiman a Jbeil, pur senza ammettere apertamente che tutto ciò è avvenuto grazie a Hezbollah.
Cosa ancor più significativa, i risultati elettorali sono stati una sconfitta per la Siria. Essi hanno permesso a Hezbollah di mantenere la propria autonomia dai siriani, i quali avevano sperato di usare le elezioni per riaffermarsi in Libano rispetto all’Iran. Sebbene nessuno dovrebbe seriamente aspettarsi una spaccatura fra Iran e Siria nel prossimo futuro, ai siriani sarebbe piaciuto molto confermare che il Libano appartiene più a loro che a Teheran, soprattutto nel contesto dei loro possibili negoziati con Israele e di un’apertura nei confronti degli Stati Uniti. Questo piano è fallito, e coloro nei quali i siriani avevano riposto le loro speranze – Michel Suleiman, Nabih Berri, Michel Murr e quelli della loro cerchia – sono emersi tutti come i grandi perdenti di queste elezioni. Il nuovo parlamento libanese sarà più amichevole nei confronti della Siria rispetto a quello precedente, ma non sarà in alcun modo il parlamento della Siria. Ironia delle ironie, il regime di Assad dovrà ora guardare a Saad Hariri, non a Suleiman, come al mezzo che può veicolare la normalizzazione dei loro rapporti con il Libano – una normalizzazione che i sauditi certamente incoraggeranno – cosa che dovrebbe dare a Hariri maggiore influenza nel plasmare questo rapporto.
Cosa accadrà ora? Vi è un consenso diffuso all’interno della coalizione del 14 Marzo secondo cui all’opposizione non dovrebbe essere concesso il diritto di veto nel prossimo governo, e il presidente Michel Suleiman, punto sul vivo dalla sfida di Aoun e da ciò che gli ha fatto Hezbollah, potrebbe schierarsi dalla parte della maggioranza a questo proposito. Questa è una buona cosa. Ci attendono settimane di contrattazione per il nuovo governo, ma vi è un messaggio duraturo in queste elezioni: la coalizione del 14 Marzo è stata liquidata troppo presto da troppe persone. Essa potrà non essere la più impressionante delle coalizioni, ma rappresenta il vero centro moderato del Libano – con la sua forza vitale che non è né la resistenza perpetua né il perpetuo risentimento. Il Libano trae beneficio dalla sua vittoria.

TERRA PROMESSA.......

"Arrivò una famiglia e disse: Abbiamo le cartedimostrano che la casa e' nostra.- No, no, disse il vecchio. Il mio popolo ha sempre vissuto qui,Mio padre, mio nonno ... e guarda in giardino:un mio avo lo piantò.- No, no, disse la famiglia, guarda i documenti.Ve ne era una catasta.- Da dove comincio? disse l'uomo- Non c'e' bisogno di leggere l'inizio, gli dissero,Vai alla pagina su cui e' scritto "Terra Promessa".- Ma sono legali?, disse l'uomo. Chi li ha scritti?- Dio, dissero loro. Li ha scritti Dio. Guarda!Stanno arrivando i Suoi carri armati".