lunedì 15 giugno 2009

Le elezioni libanesi: una prima analisi

9 giugno 2009

Le elezioni del 2009 si sono concluse con messaggi molteplici e contraddittori, ma mai sorprendenti per il Libano. Tuttavia, forse la cosa più importante è che si è trattato di una consultazione caratterizzata da una vera partecipazione e da una leale competizione in molti collegi elettorali. Un esito rinfrancante, se si pensa che le elezioni nella regione sono solitamente manifestazioni plebiscitarie messe in scena dai despoti al potere.
Queste elezioni saranno ricordate per le previsioni sbagliate che le hanno caratterizzate. Una previsione palesemente fuori bersaglio, espressa con convinzione proprio dalle pagine di questo giornale la scorsa settimana, è stata quella secondo cui molti elettori cristiani confusi avrebbero rimescolato le carte fra le diverse liste dei loro candidati. E’ accaduto esattamente il contrario, visto che i blocchi elettorali, ed anche gli indipendenti – nient’affatto confusi – hanno espresso il loro voto alle urne in maniera relativamente inalterata. Ciò ha dimostrato che il potere dei leader e dei partiti politici di portare alle urne obbedienti blocchi di elettori è stato più saldo che mai; che i cristiani indipendenti hanno in gran parte votato sulla base delle loro convinzioni, in questo caso contro Michel Aoun e contro Hezbollah; e che il Libano rimane diviso tra due ampie coalizioni, cosicché le elezioni, pur rivelando un fondamentale allontanamento dalle scelte dell’opposizione, hanno cambiato poco negli equilibri di forza complessivi del paese.
Le elezioni hanno espresso una convincente vittoria della coalizione del 14 Marzo, dimostrando che essa potrebbe ottenere una netta maggioranza senza dipendere dai cosiddetti indipendenti; e ciò, anche tenuto conto di una legge elettorale che favorisce l’opposizione. Saad Hariri sarà il prossimo primo ministro, ponendo fine alle speculazioni su quando egli avrebbe potuto assumere l’incarico. Egli ha un mandato, ed ha agito astutamente nel periodo pre-elettorale, camminando in punta di piedi attraverso vari "campi minati" per soddisfare i propri partner. Egli è anche riuscito a cooptare i suoi potenziali rivali sunniti, consolidando la sua "presa" sulla comunità dopo un periodo in cui la sua leadership era stata messa in dubbio. Ciò non soltanto promuoverà le credenziali di Hariri in Arabia Saudita e nel mondo arabo, ma indica anche che egli è finalmente riuscito a mettersi alle spalle la debacle del maggio 2008 .
I principali alleati di Hariri, Samir Geagea e Walid Jumblatt, hanno avuto letture del tutto differenti dei risultati. Geagea ha rischiato in alcune regioni, ma alla fine ha ampliato la propria base di rappresentatività, fra membri del partito e candidati esterni da lui appoggiati. Egli rimane tuttora nettamente dietro il generale Michel Aoun in termini di quote parlamentari, ma ha condotto una campagna ben organizzata, aumentando relativamente il suo peso politico e dimostrando di essere un attore di rilievo in circoscrizioni chiave come Zahleh e Beirut. Geagea ha lavorato soprattutto in vista delle elezioni del 2013 ed in preparazione del periodo post-Aoun, visto che il generale sarà quasi ottantenne fra quattro anni. In questo senso, il leader delle Forze Libanesi ha raggiunto gran parte dei suoi obiettivi.
Jumblatt, prevedibilmente, ha avuto buoni risultati nei distretti di Chouf e Aley, ma ha subito due importanti sconfitte sotto il profilo della sua strategia generale. Egli ha perso il parlamentare druso Ayman Choukair nella circoscrizione di Baabda, facendo arretrare il proprio blocco a vantaggio di un’alleanza di maroniti e sciiti, e lasciando ipotizzare che essi potrebbero scegliere il rappresentante druso in quel distretto in futuro. Come se non bastasse, egli aveva contato molto sulla sua apertura nei confronti degli sciiti e sulla sua alleanza con il presidente del parlamento Nabih Berri per aiutare Choukair a vincere. Questa bizzarra idea è crollata visto che la comunità sciita ha votato in massa a favore di Aoun. Ciò ha messo in evidenza i veri limiti del riavvicinamento di Jumblatt nei confronti di Berri, che entrambi vedevano come l’embrione di un blocco centrista più amichevole nei confronti della Siria.
Michel Aoun ancora una volta ha gestito un paradosso. Egli è emerso dalle elezioni più forte, ma accompagnato da segnali che indicano che l’appoggio popolare dei cristiani nei suoi confronti è in sensibile declino. Aoun controllerà il blocco cristiano più ampio in parlamento, e ciò gli servirà per rinsaldare il suo potere contrattuale, continuando a insistere sul fatto che egli è il rappresentante maronita di maggior spicco, in particolar modo nel suo rapporto con Saad Hariri e con la comunità sunnita. Tuttavia, i margini della sua vittoria sono notevolmente inferiori rispetto al 2005; egli ha avuto bisogno del voto sciita per vincere in molti distretti a maggioranza cristiana; e un gran numero di cristiani ha dichiaratamente votato contro di lui, dimostrando che egli continua a non avere alcuna capacità di unire la propria comunità.
Hezbollah non può essere dispiaciuto dei risultati. Si è pur sempre trattato di una situazione da cui il partito sciita aveva comunque da guadagnare. La maggioranza ottenuta dalla coalizione del 14 Marzo è più o meno la stessa di quattro anni fa, e con Hariri come primo ministro, Hezbollah pensa di poter porre un volto sunnita credibile a difesa della sua "resistenza" armata. Il partito ritiene anche, a torto o a ragione, di aver un maggior potere negoziale nei confronti di Hariri se egli è al governo. Hezbollah aveva puntato molto su Aoun e questa scommessa alla fine ha pagato, nella misura in cui Aoun è debitore nei confronti del partito. Egli dirà di aver vinto Nabih Berri a Jezzine, Walid Jumblatt a Baabda, ed il presidente Michel Suleiman a Jbeil, pur senza ammettere apertamente che tutto ciò è avvenuto grazie a Hezbollah.
Cosa ancor più significativa, i risultati elettorali sono stati una sconfitta per la Siria. Essi hanno permesso a Hezbollah di mantenere la propria autonomia dai siriani, i quali avevano sperato di usare le elezioni per riaffermarsi in Libano rispetto all’Iran. Sebbene nessuno dovrebbe seriamente aspettarsi una spaccatura fra Iran e Siria nel prossimo futuro, ai siriani sarebbe piaciuto molto confermare che il Libano appartiene più a loro che a Teheran, soprattutto nel contesto dei loro possibili negoziati con Israele e di un’apertura nei confronti degli Stati Uniti. Questo piano è fallito, e coloro nei quali i siriani avevano riposto le loro speranze – Michel Suleiman, Nabih Berri, Michel Murr e quelli della loro cerchia – sono emersi tutti come i grandi perdenti di queste elezioni. Il nuovo parlamento libanese sarà più amichevole nei confronti della Siria rispetto a quello precedente, ma non sarà in alcun modo il parlamento della Siria. Ironia delle ironie, il regime di Assad dovrà ora guardare a Saad Hariri, non a Suleiman, come al mezzo che può veicolare la normalizzazione dei loro rapporti con il Libano – una normalizzazione che i sauditi certamente incoraggeranno – cosa che dovrebbe dare a Hariri maggiore influenza nel plasmare questo rapporto.
Cosa accadrà ora? Vi è un consenso diffuso all’interno della coalizione del 14 Marzo secondo cui all’opposizione non dovrebbe essere concesso il diritto di veto nel prossimo governo, e il presidente Michel Suleiman, punto sul vivo dalla sfida di Aoun e da ciò che gli ha fatto Hezbollah, potrebbe schierarsi dalla parte della maggioranza a questo proposito. Questa è una buona cosa. Ci attendono settimane di contrattazione per il nuovo governo, ma vi è un messaggio duraturo in queste elezioni: la coalizione del 14 Marzo è stata liquidata troppo presto da troppe persone. Essa potrà non essere la più impressionante delle coalizioni, ma rappresenta il vero centro moderato del Libano – con la sua forza vitale che non è né la resistenza perpetua né il perpetuo risentimento. Il Libano trae beneficio dalla sua vittoria.

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